Il parquet tonalizzato e... contestato

parquet-tonalizzato

I nuovi prodotti studiati per la colorazione tonalizzata delle superfici legnose, consentono certamente applicazioni di sicuro effetto decorativo a vantaggio di risultati che, nel contesto dell’arredo risultano poi determinanti per il loro effetto. Il caso che sono ad esporre, è altresì emblematico per la complessità delle vicende che hanno veduto sorgere la contestazione su di un manufatto parquet, causa la apparentemente inadeguata copertura tonalizzante e conseguente disomogeneità di colorazione, che era richiesta e prevista all’ottenimento di un effetto cosi detto semicoprente bianco anche noto come “decapato”. L’incarico affidatomi dal Magistrato competente, per una valutazione tecnica delle cause e quindi delle eventuali responsabilità, mi ha veduto impegnato in una faticosa ricerca sulle vicende intercorse, articolate nelle diverse iniziative tra le parti (poi puntigliosamente stigmatizzate nel contraddittorio tra i due C.T.P.), risultate d’interesse tale, da indurmi a svolgere una più ampia ricerca sulle problematiche tecniche connesse a tali applicazioni, data come certa la loro maggiore diffusione, tra gli operatori del settore.

I fatti

Il committente, ha visto, gradito e scelto per la propria residenza (consistente in un prestigioso fabbricato di provenienza colonica) un parquet prelevigato in Rovere (genere Quercus), specie legnosa di forte valenza tradizionale, ma con peculiarità tali da suggerire alcune cautele necessarie al suo impiego ed uso soprattutto se, come nella fattispecie, trattato con un prodotto impregnante a base oleosa e finito con cera applicata a freddo.La residenza del committente, è dislocata su diversi piani e su parte della sua estensione è stato installato ben 230 mq. di detto parquet, di tipologia listone stratificato 22 mm. con rivestimento nobile di 5 mm., bisellato sul perimetro e quindi prelevigato tale da non richiedere dopo l’incollaggio in opera alcuna ulteriore levigatura oltre alla preparazione con monospazzola orbitante munita di “retino fine”, preliminare all’applicazione di trattamento protettivo finale. Il genere Quercus, comprende ben oltre 350 specie diverse e nel caso in fattispecie sono presenti quelle del gruppo delle “querce bianche”, fra le quali sono assortite le più importanti specie FARNIA (Quercus Robur L.) e ROVERE (Quercus petrae, Lieben).

Credo sia opportuno ricordare che tali specie botaniche non sono differenziate minimamente per i loro caratteri macroscopici ed anche organolettici perciocché, la Farnia è normalmente commercializzata, lavorata ed impiegata alla stregua della Rovere senza che, ovviamente, in tutto questo si configuri altresì un comportamento fraudolento a carico del commerciante, non sussistendo ripeto alcuna significativa differenziazione applicativa tra le due specie. Caratteri comuni quindi sono, un colore marrone chiaro, che col passare del tempo scurisce leggermente, e la caratteristica presenza di grandi raggi radiali che assumono sulle superfici delle curiose strisce biancastre lucenti, chiamate in Toscana “slumacature”.

Il pavimento in legno, del tipo a tavole larghe stratificate è risultato certamente impiegato al meglio della sua valenza quanto al coordinamento nel contesto architettonico-ambientale ed il suo particolare bisello perimetrale, ne accentua l’aspetto tradizionale risultando come vedremo, un elemento significativo alle valutazioni e conclusioni peritali.  La qualità del materiale semilavorato fornito è risultata buona, anche in relazione alla scelta selezionata quale “nodata” e così anche la modalità di posa in opera. Peraltro il quesito postomi dal Magistrato, era formulato e preliminarmente concordato fra i due uffici legali affinché fossero relazionati tutti gli eventuali vizi presenti, noto altresì alle parti, che l’oggetto esatto della contestazione, era da individuarsi nella manifesta disomogeneità della tonalizzazione bianca la quale risultante pregiudizievole al risultato estetico dell’arredo. È altresì opportuno precisare che, il superiore livello ricercato dal progettista nell’arredamento degli interni, risulta eseguito al meglio degli standard di finitura che potrò sinteticamente riferire come esclusivi ed armoniosamente integrati nel contesto generale, avendo gli ambienti tutti una luminosità diffusa indotta dall’effetto portato da chiare superfici calpestabili, le più luminose pareti marmorizzate ed anche gli arredi impiegati.

Altri elementi discriminanti ed utili alle valutazioni peritali sono risultati essere: 
– l’assenza in tutto il fabbricato di schermi oscuranti alle finestre (persiane), dovute ad una prescrizione subordinante il rilascio della concessione edilizia da parte dell’ente comunale;
– l’avvenuto intervento straordinario (successivo alla posa in opera) per la modifica delle battute dei serramenti esterni, affinché risultasse meglio assicurata la capacità degli stessi ad allontanare l’acqua meteorica, alla quale erano direttamente esposti;
– l’esecuzione di lavori edili necessari alla finitura del cantiere, (pareti marmorizzate, ripristino bagni, trattamento pavimenti lapidei, tinteggiature), svolti nel periodo contemporaneo e successivo alla ultimazione del parquet, e comunque addirittura dopo la presa di possesso del fabbricato residenziale da parte del
proprietario;
– la disponibilità in atti, del folto carteggio intercorso tra le parti, che mi ha consentito di svolgere considerazioni e valutazioni delle vicende con riscontro del nesso di causa/effetto e quindi un riconoscimento delle eventuali responsabilità per l’attribuzione di un contributo quote/parte nella valutazione del danno;
– la presenza nell’arredamento esistente di alcune scale manufatte in legno, con rivestimento tranciato in rovere 20/10 (nell’operazione di tranciatura, il tronco di legno viene sottoposto a “bollitura”, perdendo gran parte del tannino), mi ha meglio ed oggettivamente motivato, sulle cause precise del fenomeno presentatosi, che risultavano apparentemente di difficile comprensione;
– la tipologia di finitura a cera che, richiesta e gradita al committente è risultata certamente ben coordinata nel contesto architettonico ed arredativo.

La peculiarità più significativa del genere Quercus, è senza dubbio alcuno la forte presenza di sostanze estrattive in essa contenute (tannini), le quali sono bene solubili in acqua (che per la forte polarità della sua molecola, è senza dubbio un eccellente solvente), e che di fatto nel processo di essiccazione forzata (in ambiente umido) alla quale il rivestimento nobile è stato sottoposto ha veduto una probabile migrazione in superficie, con distribuzioni diversamente concentrate, manifestatesi dopo il trattamento. Il pavimento esaminato, presenta delle estese macchie giallastre, verosimilmente dovute a fenomeni di affioramento del tannino, (concentrato in striature irregolari ben definite dal bordo tavola), e casualmente distribuito nelle superfici tutte, tale da compromettere in modo significativo il grado di finitura e l’aspetto estetico del manufatto intero. Questo in alcune porzioni, presenta degli aloni chiaro/scuri, dovuti in parte a dispersioni e permanenza di acqua di sicura provenienza meteorica (infiltrazione dai serramenti) ed a tracce d’urina (liquido organico con proprietà alcaline) lasciate da animali domestici.

Premesse utili al giudizio dei fatti di causa

L’ipotesi contrattualmente definita tra le parti, riguardo alla finitura a cera si può riconoscere quale certamente la più rispettosa della naturalità del legno, ma implica la consapevolezza da parte del committente di farsi carico degli adempimenti che tale sistema protettivo richiede, dato che è noto come “il parquet a cera” risulti sicuramente il più laborioso da mantenere, dovendosi procedere ad applicazioni in più riprese, ed al successivo “nutrimento” del supporto legnoso, per rigenerare il film protettivo in modo regolare nel tempo. Il committente, tramite il C.T.P. nominato mi ha presentato durante lo svolgimento delle operazioni peritali le proprie ragioni di forte insoddisfazione, dato che il campione, originariamente approvato risultava disatteso nel requisito di omogeneità della colorazione, per la diffusa presenza di “striature giallastre”, e ciò non ostante gli ulteriori trattamenti prestati dall’appaltatore (effettuati in via straordinaria) volti ad esperire tentativi alternativi di tonalizzazione, comunque tutti risultati insoddisfacenti al caso.

L’appaltatore, nel promuovere la propria difesa, ha dimostrato che le opere contrattualmente richieste erano state compiutamente eseguite, e solo dopo alla presa di possesso dei locali da parte del committente, sono emersi inconvenienti indotti anche dalla compresenza d’opere edili nel “cantiere/abitazione” risultante in fase di completamento, e forse dalla consapevolezza del committente riguardo alle difficoltà connesse ad una corretta e soddisfacente manutenzione della protezione a cera, applicata su tutti i 230 metri quadrati pavimentati in legno! 

In tale congiuntura, l’appaltatore (visto che il contenzioso si stava oramai configurando e si trasformava da tecnico ad economico….) ha svolto diversi tentativi con finiture alternative al sistema “tonalizzato” originariamente impiegato, previa rimozione dei prodotti (deceratura con solventi) ed in ultimo un’ulteriore applicazione di un prodotto a base oleosa, con effetto sbiancante, tale comunque da non consentire il ripristino della tonalità originariamente gradita al committente. In tale operazione, l’appaltatore non aveva bene attentamente considerato che il supporto legnoso non era più ricettivo per le sostanze impiegate al trattamento, stante che per recuperare l’originaria adsorbenza, era necessaria una rasatura con levigatura ed asportazione di almeno un millimetro di spessore legnoso e ciò, risultava altresì impedito e negato automaticamente dall’esistenza del bisello perimetrale esistente sulle tavole di parquet.

Conclusioni

Come al solito le conclusioni debbono essere fondate, in valutazioni serenamente acquisite con atti e parametri oggettivi risultati dall’attività peritale, che nel caso illustrato sono così riepilogabili:
1. Il genere Quercus è provvisto di sostanze estrattive (tannino) tali da renderlo sensibile alle macchiature causate ad eventuali anche se accidentali fenomeni di dispersione prolungata d’acqua ed altre sostanze seppur poco alcaline.
2. L’estensione delle superfici richieste nel contratto di appalto e la scelta del genere Quercus, sono tali da non consentire un’omogeneità distributiva se non previa accurata selezione, e ciò vale non tanto per la fine distinzione esprimibile da un punto di vista botanico delle specie comprensibili, ma altresì per le diversità
morfologiche presenti finanche nella stessa partita legnosa, con variazioni di fibratura, tessitura e venatura tali da rendere peculiarmente disomogeneo il legno prima ancora di risultare interessato da qualunque lavorazione o nobilitazione, che non sia data con fini specialistici prettamente selettivi. In altre parole, il legno
non è un prodotto sintetico od una fibra tessile ma ha tra le sue prime significative peculiarità l’anisotropia ossia la mancanza di omogeneità morfologica nelle diverse direzioni, che ne caratterizza altresì, la propria naturalezza e la conseguente difficoltà ad assicurarne l’assortimento.
3. Il committente ha lamentato la ridotta copertura del “trattamento a cera”, dopo l’ultimazione e la definitiva consegna del pavimento, nella circostanza di tale comunicazione non ha espresso alcuna contestazione per le striature gialle, che saranno affioranti solo a causa dei successivi trattamenti, esperiti nell’intento di comporre benevolmente la vertenza così imprevedibilmente sviluppatasi.
4. L’appaltatore ha per questo (ragionevolmente sempre soggetto ai limiti dati alla circostanza del punto 2) adempiuto al contratto stipulato, procedendo incautamente ad applicazioni di prova con finiture alternative, previa deceratura, lavaggio, ed applicazione ex-novo. Uno dei vani è altresì risultato trattato e recuperato per l’effetto ricercato con prodotti a base oleosa sbiancante, ben registrando così un risultato che è da riconoscersi come unico possibile e proponibile (data la condizione del legno a “poro chiuso” attualmente risultante nel supporto) comunque ritenuto insoddisfacente ed inadeguato al committente. Ho quindi riconosciuto l’appaltatore responsabile della difformità di tonalità indotta dalle sue applicazioni, con l’addebito corrispondente al ripristino in tale precisamente definita modalità (impregnazione d’olio sbiancante) per l’intera superficie.
5. Di fatto la presenza sul cantiere di scale manufatte in legno tranciato di rovere e trattate omogeneamente al pavimento (ma sprovviste di alcun difetto) è esplicativa della fondatezza delle argomentazioni sostenute: le tracce giallastre emerse dopo nuovi trattamenti richiesti, sono verosimilmente da ricondursi a diverse
concentrazioni di tannino, casualmente distribuite nelle tavole, e la condizione di irrecuperabilità al supporto legnoso vergine è stata ampiamente convenuta tra i C.T.P. che mi hanno peraltro vantaggiosamente
coordinato nelle operazioni peritali.

 

Come il lettore potrà riscontrare dalla narrazione delle vicende di causa, lo studio degli atti e l’analisi delle risultanze peritali consentono la registrazione di alcune soggezioni da considerarsi ponderatamente, nel delicato momento dell’individuazione del “quantum” economico dove in buona sostanza si riduce, l’intera perizia che ho fin qui condensato (….. e vi assicuro con difficoltà di sintesi per l’esposizione dei fatti). È chiaro che le responsabilità dell’appaltatore, vengono parzialmente attenuate e favorevolmente condizionate dall’aver compiutamente eseguito il contratto di appalto sottoscritto, risultando soddisfatta (agli atti di causa) la condizione di compiuta esecuzione, mentre risulta certamente discriminante per il definitivo mantenimento del supporto legnoso originario “bisello” perimetrale di cui è provvisto, tale da escludere risolutamente ogni sorta di riduzione dello spessore (levigatura) e quindi non ipotizzabile il recupero del substrato vergine, a ricevere un nuovo ciclo di tonalizzazione. Interessante riscontrare, a buon uso del lettore, che non sempre un comportamento di cortese disponibilità e considerazione alle richieste del committente, sono premianti per evitare la concretizzazione di una controversia, sul risultato di una fornitura svolta in regime di contratto d’appalto o d’opera che, spesso trova origine in motivazioni di natura tecnica sviluppandosi automaticamente in un contenzioso economico, con l’apertura di una causa civile. Il bravo appaltatore che ha adempiuto alle prescrizioni contrattuali con coscienza e scrupolo professionale dovrà puntualizzare con rigore le proprie ragioni e non esitare ad invocare (congiuntamente e d’intesa con la controparte) la partecipazione di un tecnico competente, che con l’Istituto dell’arbitrato procede all’elaborazione di una perizia preliminare e la formulazione di un “lodo” arbitrale che consentirà il disimpegno da una probabile vertenza con indubbio esito dopo una sicuramente lunga attesa, nelle aule di Giustizia.

Alessandro Romiti 

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