Fessure non previste, il fabbricato con doghe che fa?
Tutto parte dai problemi presentatisi sul fabbricato con doghe oggetto del contendere.
La sospensione del pagamento dei decimi di garanzia in attesa del buon fine del collaudo finale era proprio sembrata una decisione vessatoria e sproporzionata all’impresa.

Che vedeva rinviarsi a data imprecisata la liquidazione del saldo di oltre 23.000 euro con motivazioni incomprensibili.
Le deprecate fessure, che si erano presentate alla fine di maggio, erano poche decine e non pregiudicavano né la funzionalità del rivestimento dogato della facciata né il suo aspetto estetico.
Questo risultava integro e invariato rispetto al novembre precedente, mese in cui era stata effettuata la consegna.
La perizia contrattuale, svoltasi ai primi di giugno, ha posto delle riserve sull’effettiva conclusione del fenomeno di ritiro delle doghe.
Il quale aveva dato seguito a un pur modesto contraddittorio, viste le evidenze dei rilievi riscontrati.
La conclusione è stata univoca e condivisa dai tre tecnici convocati (uno per l’impresa capofila, uno
per il sub-appaltatore e uno per il committente).
Le responsabilità andavano al progettista del manufatto applicato in parete per il rivestimento, che avrebbe dovuto prevedere alcuni accorgimenti tecnicamente opportuni e decisivi a evitare…

Il fabbricato con doghe, andiamo al fatto
In adeguamento agli standard edilizi della bella località dolomitica, il progetto di manutenzione straordinaria (con cambio di destinazione d’uso) prevedeva un rivestimento di legno dogato.
Al momento della scelta del prodotto, si era optato per un tipo di semilavorato a incastro M/F, spessore 20 mm, trattato con impregnante tonalizzato noce.
Così da consentire una blanda attenuazione dei processi di sbiadimento e totale ingrigitura del supporto.
Nessuno aveva prestato attenzione alle caratteristiche qualitative del semilavorato, che comunque
era adeguato alla costruzione del rivestimento.
Il contenuto di umidità
Il materiale impiegato aveva un contenuto di umidità relativa dal 15 al 18% e una presenza normale di nodi per frequenza e grandezza.
Particolarmente apprezzato dall’impresa era il formato con sezione a incastro M/F.
Che, permettendo l’incastro sui lati lunghi delle doghe, conteneva eventuali deformazioni che, si sa, sul legno sono sempre possibili, anzi prevedibili.
La caratteristica principale da considerare agli effetti di un’adeguata progettazione era la forte
variabilità della sezione.
In relazione al contenuto medio d’umidità del legno che, nel ciclo delle variazioni climatiche stagionali,
era da prevedersi come oscillante in un range dal 7 al 20%, anche in funzione dell’orientamento geografico della facciata.
Le doghe, uso carpenteria: usi e caratteristiche
Le doghe per uso carpenteria sono normalmente stagionate per essere applicate in esterno (ovvero con un tenore del 15% di umidità relativa).
Fermo restando che tale valore è medio e variabile a seconda della stagione e quindi delle condizioni
meteoclimatiche.
Così è stato. Dopo aver ultimato l’esteso manufatto, il carpentiere ha formalmente consegnato alla
capofila il lavoro, che in quel momento non presentava nessuna irregolarità di composizione.
Né accenno di svergolatura o torsione delle doghe, che erano ben allineate e inserite nelle rispettive sedi d’incastro.
La contestazione inerente il fabbricato con doghe
Solo con l’arrivo della tarda primavera, con un irraggiamento solare più forte anche grazie alle più secche giornate primaverili, è iniziato il progressivo e persistente desorbimento di umidità del legno.
Con un ritiro dimensionale casuale delle doghe, con riduzioni che raggiungevano anche di 5 mm in larghezza rispetto alla dimensione nominale al momento dell’acquisto.
Difetto occulto nel legno?
Questo è stato il vero motivo che ha indispettito l’impresa capofila, che riteneva vi fosse un
difetto occulto nella qualità del legname.
Esso non si era ritirato omogeneamente (e così moderatamente) ma in modo del tutto
casuale e irregolare.
Formando zone di doghe svergolate alternate con porzioni di superficie ancora integra, senza alcuna deformazione.
Il difetto lamentato dalla società che gestiva l’immobile era sostanzialmente la formazione di “fessure e crepature disperse a caso”.
Con un peggioramento dell’aspetto estetico della facciata e del plesso residenziale, senza alcuna pregiudiziale riduzione della funzionalità del rivestimento.

Il contenzioso e il contratto con l’impresa edile
Inutile dire che il contenzioso si è sviluppato per ragioni prevalentemente economiche, anche
vista la somma di denaro posta in cauzione nel contratto con l’impresa edile.
Che per questo motivo vedrà rivolgersi contestazioni decisamente sproporzionate.
Per conoscere con chiarezza l’esatta correlazione di causa dell’evento e individuare con precisione il soggetto responsabile, fu quindi convocata una sessione congiunta di tecnici.
La valutazione al contraddittorio coinvolto, il fabbricato con doghe
Questi apportarono la loro valutazione al contraddittorio.
Per la società che aveva fornito il materiale semilavorato di conifera (ingiustamente definito nel carteggio intercorso come “viziato e di scadente qualità”), fu incaricato un professionista di fiducia.
Il quale qualificò la piena regolarità del semilavorato fornito nel cantiere dalla società assistita.
Il difetto era riconducibile solo ad aspetti di natura progettuale:
Le doghe erano state prodotte con legno di normale assortimento qualitativo (caratteri morfologici) e un contenuto d’umidità normale per il materiale impiegato stagionato plein-air.
Ovvero con destinazione d’uso per opere di carpenteria (umidità relativa del 15% circa).
Il periodo trascorso dalla consegna fino al verificarsi delle lamentate alterazioni dimensionali
è stato significativo per qualificare la normale stabilità delle doghe.
Che, fino al momento della tarda primavera, non aveva manifestato nessuna deformazione.
Il fenomeno non si era esaurito al momento della sessione peritale.
Infatti, con l’arrivo della stagione estiva e il forte irraggiamento solare, era prevedibile (come di fatto si era verificato) un aumento delle crepature, fessurazioni e svergolature del materiale.
La distribuzione delle doghe
Che non appariva più ordinato in modo regolare, con una distribuzione allineata delle doghe.
La conclusione fu che la relazione di causa non era da ricercarsi né nel tipo o qualità di materiale né nella posa in opera prestata da un terzo carpentiere.
Ma esclusivamente nel progetto che vedeva la doga con incastro M/F installata in piano, ovvero non in composizione a seguire obliqua/sfalsata.
Infatti l’unica ipotesi di progetto adeguata a consentire il superamento delle spontanee e inevitabili deformazioni delle doghe sarebbe stata il montaggio sovrapposto.
Che avrebbe permesso di mascherare completamente le doghe soggette a fenomeni di ritiro.
Doghe e fenomeni di ritiro nel fabbricato con doghe
Non prevedibili in modo puntuale e sistematico anche per la peculiarità del legno di essere anisotropo e igroscopico.
La controversia si esaurì fortunatamente al momento dell’esclusione dei presupposti di responsabilità posti a carico del fornitore del materiale.
Quando il committente rinunciò a ogni pretesa risarcitoria nei confronti del progettista.
Questo aveva adempiuto all’incarico di progettazione del rivestimento in modo più formale che sostanziale (scegliendo il semilavorato con l’incastro M/F).
Quindi non riteneva responsabile come progettista esclusivo del tipo di posa.
L’accorgimento proposto in soluzione del problema sviluppatosi è tanto semplice quanto diffuso nelle regioni dove esiste una tradizione delle costruzioni di legno del tipo ballon-frame con ampie superfici dogate.
La composizione di un rivestimento in parete con doghe di legno deve essere attentamente valutata in sede di progetto.
Considerando le deformazioni prevedibili sulla larghezza della doga (che potrà presentare ritiri fino al 5%), che non potranno essere impedite.
Né limitate perché dipendono dalla natura spontanea del processo d’equilibratura del legno.
Articolo di Alessandro Romiti – Studio Romiti Legno – Perito del Legno
