Come arriviamo ai tanti problemi alle doghe che si possono presentare? Quando l’artigiano è incaricato di sola prestazione d’opera, non sussiste la fattispecie del contratto l’appalto, ovvero, l’appalto è solo simulato e quindi…

I problemi alle doghe e la prestazione d’opera
La bella villetta della Signora Maria è certamente speciale in quanto a posizione.
Addossata sulla montagna dell’appennino bolognese ha, sotto di se, un piccolo resede affacciato sul corso di un ruscello di montagna.
Il quadro d’insieme evoca un contesto d’assoluta piacevolezza nel periodo della primavera e soprattutto dell’estate.
Dove il fresco, è comunque garantito.
Purtroppo, il rigore dell’inverno, a quota 500 m s.l.m. non manca di farsi sentire per oltre la metà dell’anno e quindi il comfort abitativo è assicurato da un efficace sistema di riscaldamento.
Ha elementi radianti che, come spiegato dalla Signora Maria, sono mantenuti in temperatura
praticamente tutto il giorno abbassandosi solo per poche ore, nella notte.
Questa condizione, è del tutto ordinaria e certamente comprensibile allo stato delle condizioni climatiche del sito.

La messa in opera di un pavimento di doghe di larice.
Ma è stata altresì pregiudizievole per la gestione di un “molto appropriato” pavimento di doghe di
larice posto in opera nel pericoloso sistema flottante.
Vediamo perché sia all’origine dei tanti problemi alle doghe.
La vicenda
La Signora Maria aveva (particolare non secondario) provveduto autonomamente all’acquisto delle doghe di listone di Larice.
Da utilizzarsi per la costruzione del parquet, ricercando un effetto arredativo di sapore country, in linea con l’impianto rustico espresso nell’arredamento, ben coordinato all’ambiente.
Per questo, disponeva la posa a cura di un artigiano posatore, senza particolari prescrizioni di sorta e non richiedendone espressamente l’incollaggio al supporto cementizio predisposto per la posa.
L’incastro e le sedi di incastro tra maschio e femmina delle doghe
L’artigiano (quantomeno distrattamente), aveva posato come da istruzioni il pavimento di doghe.
Limitandosi a incollare saltuariamente le sedi d’incastro tra il maschio e la femmina delle doghe che, libere di assumere tutte le deformazioni dimensionali dovute alle variazioni igrotermiche ambientali, avevano sviluppato i maggiori ritiri al conseguimento della prima stagione invernale.
Le fessurazioni si erano quindi manifestate in modo casuale, soprattutto sulle porzioni prospicienti alle soglie d’ingresso alle stanze.
Nella prossimità delle pareti i ritiri erano praticamente costanti in quanto a sviluppo, in tema di problemi alle doghe.
Tra lo zoccolo predisposto e il bordo del parquet si poteva notare (al momento del sopralluogo) spazi di anche venti millimetri, sconosciuti al momento della posa.

Il disagio nella fruizione del pavimento era forte.
Alcune doghe, infatti, non avevano svolto solo dei ritiri in direzione trasversale, ma avevano subito
anche una torsione rispetto al loro piano principale.
Formando dei pericolosi scalini e introducendo così un deficit funzionale che andava a sommarsi al deficit estetico delle fessure.
Tra i due certamente più pericoloso per la possibilità di chicchessia a incespicare negli imprevedibili
scalini formati sul piano, in modo casuale.
La tecnica – evitare i problemi alle doghe
Il pavimento era certamente stato progettato in modo non idoneo alla natura del materiale, in quanto flottante e non fissato.
Tutte le doghe, non avevano ancoraggio alcuno sul supporto (meccanico o chimico) tale da
attenuare gli effetti dell’inevitabile ritiro e rigonfiamento.
Che si andrà sistematicamente e ciclicamente a sviluppare nel trascorrere delle diverse stagioni.
Infatti, tale tipo di prodotto, ancorché essere il più economico sull’intero mercato è certamente costituito da una specie legnosa tra le più nervose, ovvero dimensionalmente instabile per l’alto rapporto tra il ritiro trasversale e quello radiale.
Il pavimento a doghe non avrebbe dovuto essere prescritto nella sua posa in modo flottante, ma
incollato.
E dopo una opportuna equilibratura nell’ambiente di destinazione finale.
La soluzione per i problemi alle doghe
Non potrà dirsi facile la soluzione che prevede la rimozione integrale degli arredi.
Per il nuovo intervento di posa del pavimento e il suo incollaggio al supporto cementizio con una colla che assicuri la necessaria presa e tenuta dell’insieme di doghe.
Per la natura “massiccia” il materiale non potrà che essere fissato chimicamente per mezzo di
collanti adesivi d’idonea qualità o a mezzo di chiodi, previo uso di magatelli.
L’andamento ciclico delle variazioni igrotermiche stagionali sono tali da indurre delle sollecitazioni nelle doghe, in conseguenza dei desorbimenti e assorbimenti d’umidità, in relazione alle diverse stagioni e/o
particolari condizioni meteoclimatiche.
Le contestazioni per i problemi e i danni subìti.
Pertanto le contestazioni della Signora Maria sono certamente comprensibili e giustificate proporzionalmente al disagio subito.
Mancando peraltro di un vero e proprio soggetto che sul piano civilistico risulti direttamente responsabile in quanto esclusivo operatore come imprenditore: l’appaltatore (art. 1655 Codice Civile).
Nella circostanza dal punto di vista civilistico, l’artigiano posatore aveva adempiuto nella realizzazione di una mèra prestazione di lavoro ( anche detto nudus minister ai sensi dell’art. 2222 del Codice Civile).
Senza oltretutto integrare la fornitura dei prodotti con materiali di consumo e svolgendo un vero e proprio
contratto d’opera, mancando ciò d’alcuna subordinazione nei confronti del committente.
La controversia: appalto simulato?
L’ipotesi di una controversia sul riconoscimento della specifica responsabilità o correlazione causale del grave difetto, non è per questo da considerarsi così automatica, come sembra.
Infatti, se non ricorrono i presupposti per invocare la fattispecie del contratto d’appalto non sarà possibile neppure riferirsi, alla notevole giurisprudenza che è stata scritta sulla materia relativamente alla presenza di vizi e la facoltà d’esercizio dell’azione di garanzia.
Specificando meglio, in “diritto” spetta alla Signora Maria l’onus probandi ovvero dimostrare che
l’artigiano (già da lei incaricato) ha svolto la prestazione dell’opera.
Adottando la fondamentale organizzazione imprenditoriale senza rispettare le prescrizioni tecniche previste nello “Stato dell’Arte” sulla materia con la conseguente opportunità di poter invocare la disciplina di cui all’art. 1667 C.C. .
Contestazione della progettazione del manufatto
In altre parole, a fronte delle contestazioni per responsabilità mosse dalla Signora Maria, l’artigiano posatore potrà ragionevolmente eccepire la circostanza che ha semplicemente abdicato a ogni attività concettuale diretta alla progettazione del manufatto.
Tanto che il difetto è certamente da ricondurre a un’incompetente progettazione dell’opera, ovvero la posa con sistema flottante.
Questi potrà sostenere che ha adempiuto nell’esecuzione del lavoro come mero “esecutore” e che, pertanto, non ha fatto altro che “quello che gli era stato richiesto” in esecuzione di un manufatto.
Che non prevedeva d’ottemperare agli aspetti di buona “progettazione”, come altresì meglio prescrive e impone l’esecuzione del lavoro in regime di contratto d’appalto (art. 1667 C.C. e seguenti).
Come si può vedere, lo svolgimento di un’azione giudiziale sulla controversia insorta potrà essere diversamente articolato da non permettere un facile pronostico sull’esito di un giudizio.
Verso una sentenza
La nota soprascritta, si fonda su una serie di sentenze della Suprema Corte di Cassazione.
Della quale, la più significativa è la seguente, rubricata come la numero 12727/1995 Cass. II Sezione del 12/12/1995 (Raso–Pellegatta):
“Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si era riservato l’organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi,
la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l’esecuzione di un opera o di un servizio, fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d’appalto e non di opera, essendo l’appalto caratterizzato dalla organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore.”
L’esecuzione di un’opera in legno
La citata sentenza introduce la fattispecie dell’appalto simulato che si configura quando, come nel caso narrato, il committente assume compiti eminentemente propri dell’imprenditore.
Sollevando automaticamente il mero esecutore dalle obbligazioni collegate agli adempimenti previsti dall’appalto e, conseguentemente, anche per le garanzie prestate sull’eventuale presenza di vizi.
Per questo, dovranno essere dimostrabili (“Ove facciano difetto…) le circostanze che attestano la partecipazione diretta del committente al progetto.
Qual è esemplare, nel caso di fattispecie, la fornitura del materiale necessario all’esecuzione dell’opera.
Articolo di Alessandro Romiti – Studio Romiti Legno – Perito del Legno
