I mestoli in... laboratorio!

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L’analisi condotta presso un laboratorio universitario specializzato è stato decisivo per la determinazione
del tipo delle muffe. La partita di mestoli da cucina composti di oltre 130.000 set e, originariamente destinati alla promozione di una serie di prodotti alimentari, presentavano delle muffe limitate a una determinata parte, incomprensibilmente nella loro origine, ma non certamente nella loro natura. La determinazione è stata tanto celebrata — con le attività peritali disposte dal Tribunale competente — quanto inutile, tanto che non ha permesso di riconoscere l’esatto momento del processo di formazione, ovvero la responsabilità diretta rimbalzata tra l’acquirente e il venditore.

L'antefatto

La numerosa partita di “set mestoli” era stata prodotta in estremo oriente e lì imbarcata in numerosi container per la consegna in un deposito della società destinataria, titolare di un’importante promozione pubblicitaria, organizzata per conto di una società del settore alimentare. Al momento della distribuzione di questi utensili (fatta in omaggio sull’acquisto di alcuni prodotti di cibi precotti) le clienti sono rimaste basite: all’interno della confezione di cartone si era sviluppata una coltre ovattata e polverulenta di muffe che rendeva l’intero complimento una vera e propria schifezza! Le hostess, preposte alla distribuzione dei set ritiravano le scatole non poco imbarazzate e sorprese, cercando di sostituirle con altre indenni.

Il contenzioso

La lite sulla responsabilità dell’evento è stata aperta dalla società distributrice che ha impugnato l’intero pagamento a suo tempo promesso per la sussistenza di un difetto (relativo a un 20% dei pezzi) nella partita di beni, ma ingiustamente ritenuto tale da impedirne l’utilizzazione, domandando al competente Tribunale la “risoluzione del contratto” e un forte risarcimento dei danni. Il Giudice ha affidato il compito dell’accertamento tecnico preventivo a un ausiliario di fiducia che ha proceduto alla ricognizione della partita con approssimazione e superficialità, redigendo una perizia inconcludente e viziata (soprattutto nei criteri dicampionamento) che, comunque, è stata inutile alle rivendicazioni risarcitorie della società distributrice. 

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Set non molto danneggiato, con una lieve formazione di muffa.

La formazione delle “muffe” è stata causata da un condizionamento igrotermico di una parte del materiale, contenuto all’interno dei grandi pallets che, per la composizione dell’imballo stesso, interessava solo la parte interna, poiché le parti di scatole esterne hanno avuto modo di potersi equilibrare a condizioni igrotermiche senza così riportare nessun difetto. Giova precisare che le muffe rinvenute non recavano nessun pregiudizio per l’igiene dei prodotti, trattandosi di organismi “cromogeni” batteriologicamente inerti e atossici che, appunto, avrebbero solo alterato il colore dell’elemento costruito in una latifoglia molto diffusa sulle coste delle aree del sud-est asiatico, la mangrovia. 

Quindi il danno era limitato solo alla riduzione dell’aspetto (e della sua utilizzazione, vista la soggezione dell’utenza) per la presenza di macchie superficiali dma ciò è risultato sufficiente (alla società distributrice) a ritenere l’intera partita viziata e — per incompresi motivi di convenienza — a provvedere alla contestazione dell’intera fornitura, richiedendo al Tribunale la risoluzione del contratto e un forte risarcimento del danno presuntamente subito.

Le vicende

In realtà, i beni facevano parte di una fornitura “venduta” soggetta alla disciplina della denuncia dei difetti che prevede la prescrizione del termine dopo 8 giorni dalla consegna, a prescindere dalla quantità dei prodotti, per i quali nessuna deroga era accetta: la società acquirente aveva l’ònere di verificare la partita al momento della consegna, assumendosi il termine ultimo d’otto giorni per la denuncia d’eventuali vizi. La circostanza legata alla numerosità del lotto (oltre 140.000 set) avrebbe certamente impegnato la società in una definizione di una partita di beni statisticamente rappresentativa e adeguata a costituire un campione di rispondenza “medio”. I beni sono stati consegnati e collocati in giacenza in un deposito per oltre quaranta giorni in attesa dello loro distribuzione presso i principali supermercati alimentari. Niente è noto della loro conservazione dopo la consegna in Italia e nessuna notizia è disponibile sulle loro effettive condizioni di mantenimento: nessun elemento permette di affermare con certezza che il difetto era presente all’arrivo al deposito, anche dopo il lungo viaggio in container nel quale, è probabile sospettare, si siano sviluppate le condizioni igrotermiche congeniali (dato il caldo dovuto all’irraggiamento) per lo sviluppo di dette muffe. 

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Alcuni degli elementi danneggiati

Tale fenomeno di surriscaldamento, probabilisticamente vero, è necessario, ma non sufficiente per lo sviluppo delle muffe, le quali richiedono un persistente aumento dell’umidità relativa dell’aria ove sono immersi i manufatti. Non è, infatti, possibile escludere che, nei giorni successivi alla consegna, per motivi diversi  si siano verificate le medesime condizioni igrotermiche che hanno dato luogo allo sviluppo del fenomeno, limitato solamente a una parte della spedizione. In altre parole l’intera attività peritale ha puntato principalmente al riconoscimento del “momento” esatto in cui si era sviluppata la muffa, ma non di “come” o di quale tipo di ife, come erroneamente ha dimostrato la relazione del laboratorio, tutta dedicata alla natura biologica della muffa. 

L’analisi condotta dal perito d’Ufficio ha fatto centro solo su quest’aspetto, risultando prevedibile e concorde con le ipotesi del consesso dei periti: le muffe sviluppatesi avevano genesi nella presenza d’ife proprie della specie legnosa, ma ciò non permetteva nessuna analisi interessante alla circostante esigenza di qualificazione del momento di sviluppo, ovvero nel riconoscimento dell’esatta relazione di causa. Questa poteva essere indirizzata nella responsabilità del produttore solo se dimostrata in una deficienza della qualità della merce promessa nel contratto di fornitura e, questo, fino al momento della consegna nel deposito di giacenza, ove erano state stivate le merci per le successive operazioni di distribuzione.

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Un pallet composto per il trasporto dei prodotti. La parte esterna è massimamente areata e così meno danneggiata dalla presenza di muffe.
Conclusioni

Dopo la stremante sessione peritale svoltasi in tre sessioni (due delle quali dedicate all’inventario dei beni e alla costituzione di una partita di materiale “statisticamente rappresentativo”), la perizia è stata depositata, ma senza trovare considerazione: il canone di prescrizione, previsto in 8 giorni dalla consegna, era stato ampiamente superato nei 43 giorni intercorsi dal momento della denuncia del difetto. Il Tribunale, procedendo sulle istanze delle parti, rigettava la domanda di risoluzione del contratto e risarcimento danni della parte acquirente e disponeva l’esecutività del decreto ingiuntivo di pagamento azionato dalla parte venditrice.

Alessandro Romiti 

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